Ernia del Disco

Ernia del disco

Cos’è l’ernia del disco

Relazione paradossale con il dolore

Tra ciascun corpo vertebrale della colonna vertebrale ci sono strutture a base di fibrocartilagine con un nucleo polposo che forniscono supporto, flessibilità e ammortizzazione del carico noti come dischi intervertebrali.

Questi sono composti principalmente da due strutture:

  1. Un nucleo polposo morbido all’interno del disco.
  2. Una struttura fissa circoscritta conosciuta come anello fibroso

Una rottura della normale architettura dei dischi vertebrali può portare ad un’ernia del disco o ad una sporgenza del nucleo polposo interno (protusione); tale condizione ha la potenzialità di esercitare pressione sul midollo spinale o sulla radice del nervo provocando dolore e specifici punti di debolezza.

Poco più del 90% delle ernie del disco si verificano a livello dei dischi L4-L5 o L5-S1, che potranno creare una possibile compressione sulle radici nervose L4, L5 o S1. Questa compressione produce una radicolopatia principalmente nella parte posteriore della gamba e nella zona dorsale del piede [1].

Uno degli aspetti più curiosi di tale condizione è l’assoluta non linearità fra il danno biologico (ernia) e la sintomatologia dolorosa. In merito a questo in un noto studio di Boos et al è stato dimostrato che nel 76% di immagini radiologiche (RM) eseguite in un gruppo di volontari asintomatici risultavano diagnosticabili ernie del disco. In sostanza tre soggetti su quattro si sono presentati totalmente asintomatici, pur presentando l’ernia del disco all’esame RM [2].

Questo studio importantissimo ci porta subito a considerare come il dolore non sia necessariamente correlato all’ernia; è possibile che si possano presentare condizioni opposte, ovvero danno biologico senza dolore così come dolore senza danno biologico rilevabile. Lo stesso risultato è stato osservato anche in altri studi di cui uno, condotto con un follow up di 7 anni, che conferma la scarsa correlazione fra danno biologico e immagini RM [3-4]. Pertanto diviene fondamentale la clinica con i suoi test e non l’affidamento alla sola diagnostica per immagini.

La diagnosi di ernia del disco deve poter soddisfare alcuni criteri fra cui:

  • Dolore a distribuzione radicolare;
  • Deficit senso motori congrui con la sintomatologia dolorosa;
  • Segni di tensionamento radicolare (Laségue; SLR – Straight Leg Raising);
  • Diagnostica strumentale (RM,TC, mielografia) positiva [5].

La presenza della massa erniata, ovvero fuoriuscita dalla sua fisiologica sede anatomica, non è quindi in grado di giustificare la presenza di dolore. In questo senso, sono molti gli studi che vedono nella patologia dell’ernia un forte elemento infiammatorio. Ne consegue un aspetto flogistico, un’infiammazione della radice nervosa con alterazioni del microcircolo [6-7]. Su questa base infiammatoria, Takahasci H. et al, hanno dimostrato come alla base del dolore sciatico siano implicate specifiche citochine infiammatorie come la interleuchina 1 (IL1) ed il TNF α (tumor necrosis factor – alpha) [8]. Lo stesso Takahasci ha dimostrato come la compressione e l’infiammazione insieme inducano maggiori danni alla radice rispetto ai due elementi presi individualmente [9].

Considerare quest’aspetto è molto importante perché è più comprensibile capire come i sintomi dolorosi possano scomparire anche se gli elementi diagnostici (per es. risonanza magnetica) continuano a rilevare la presenza della massa erniata. Inoltre c’è anche da considerare la distensione della massa erniata (nucleo polposo) causata dalla capacità degli elementi del nucleo, fra cui i proteoglicani, di trattenere acqua, quest’aspetto porta a quella distensione del disco definita “bulging discale” [10].

Classificazione dell’ernia del disco

Dopo questa premessa, il cui obiettivo era quello di illustrare e ricordare la non linearità fra ernia e dolore, è possibile andare ad osservare come l’ernia discale abbia delle sedi preferenziali come già in parte descritto e delle caratteristiche sintomatologiche proprie.

Il paziente con ernia può presentare anche alterazioni a livello termico (sensazione di freddo o caldo) per un coinvolgimento delle fibre simpatiche del sistema nervoso autonomo. Quando l’ernia coinvolge il ganglio della radice spinale i sintomi sono più importanti in quanto il ganglio svolge un ruolo modulatorio sul dolore rilasciando neuropeptidi che stimolano dolore come la sostanza P [11].

Secondo la terminologia nordamericana è possibile distinguere più tipologie di disordini del disco [5]:

  • Bulging discale: con questo termine si indica un rigonfiamento del disco su base molto ampia.
  • Ernia: con questo termine si indica la fuoriuscita di materiale del nucleo polposo. Si parla di estrusione quando l’anulus è perforato e l’ernia viene espulsa o di sequestro quando vi sono frammenti liberi che non mantengono più rapporti con il disco dal quale sono usciti. In questa categoria rientra anche la protrusione, considerata una forma di ernia a tutti gli effetti si suddivide a base ampia o focale in relazione all’entità della protrusione;

Per quanto riguarda l’ernia, questa può trovare diverse locazioni: quando il materiale erniato è presente tra il disco ed il legamento longitudinale posteriore, a seconda della disposizione si parla di ernia mediana, paramediana e posterolaterale. Le prime due tendono a non dare fastidio in quanto il legamento fa da sacca contenitrice mentre la posterolaterale tende a comprimere la radice determinando la sintomatologia radicolare. Questo è dovuto anche ad un aspetto anatomico del legamento longitudinale posteriore, ovvero procedendo caudalmente, verso la quinta lombare,  il legamento si assottiglia lasciando maggiormente esposto il forame vertebrale dal quale emerge la radice.

Quando invece l’ernia non prende più rapporti con il legamento ma va oltre i suoi confini si parla di ernia intraforaminale o extraforaminale a seconda che l’ernia si disponga rispettivamente in prossimità del forame o all’esterno di esso. Queste sono tipi di ernie che tendono a comprimere la radice, soprattutto l’intraforaminale in quanto la radice in quel punto ha meno possibilità di movimento e subisce maggiormente la compressione del materiale erniato.

Valutazione dell’ernia del disco

È possibile riconoscere l’interessamento radicolare attraverso tutta una serie di test che valutano sia la funzionalità muscolare che la sensibilità; vengono qui di seguito riportati due principali test di uso clinico per il riconoscimento del segno da ernia:

  • uno è il test di Lasègue  (Straight Leg Raise Test) per la valutazione del nervo sciatico
  • l’altro è il test di Wassermann (Femoral Nerve Tension Test o prone knee bending test) per la valutazione del nervo femorale.

Test di Lasègue

Per quanto riguarda il primo si prende in considerazione il paziente da posizione supina sul lettino; successivamente il terapista andrà ad eseguire in maniera lenta e progressiva un’elevazione dell’arto a ginocchio esteso. Il test sarà positivo se durante l’elevazione dell’arto il soggetto proverà la stessa sensazione di dolore che l’ernia causa comprimendo la radice. Un utile modo per convalidare ulteriormente questo test è quello di flettere il ginocchio e chiedere se il dolore diminuisce o scompare; se questo avviene si ha un’ulteriore prova che il dolore è di tipo radicolare in quanto con la flessione del ginocchio si ha il detensionamento della radice nervosa.

Un’ulteriore rinforzo al test di Lasègue è quello di abbassare quanto basta l’elevazione dell’arto fino a far scomparire il dolore ed eseguire in successione una flessione dorsale della caviglia in modo tale da creare nuovamente uno stiramento dello sciatico attraverso lo stiramento del nervo tibiale.

Importante distinguere fra il dolore di tipo radicolare ed il fastidio muscolare dato dall’allungamento.

Una review di Kamath et al dice che il test di Lasègue è quello in cui si riproduce dolore alla gamba o nella regione lombare e glutea per l’elevazione passiva della gamba distesa. Il test ha un’alta sensibilità (0.80-0.97) per una protusione lombare bassa ma una bassa specificità per ovviare a ciò viene usato il test crociato del sollevamento della gamba distesa (crossed straight leg raising test), esso può essere più affidabile in caso di protusione del disco con compressione e prolasso centralizzato [12].

Test di Wassermann

Per quanto riguarda il test di Wassermann, si prende in considerazione il paziente da posizione prona sul lettino per valutare un eventuale interessamento delle radici L2, L3, L4. Il test prevede la flessione del ginocchio sulla coscia al fine di creare stiramento del nervo femorale e suscitare dolore sulla parte anteriore della coscia; test che può essere potenziato associandovi un’estensione dell’anca. Il test è positivo se lo stiramento del nervo produce dolore crurale, cioè sulla bassa schiena e anteriore alla coscia (sempre da distinguere dalla sensazione di stiramento muscolare per ciò utile compare i due lati).

La specificità e la sensibilità del test sono sconosciuti [13]. Al contrario del test di Lasègue dove per aumentare la specificità viene usato il test crossed straight leg raising, nel test di Wassermann il test crociato di tensione del nervo femorale non aumenta la specificità [14].

Cura dell’ernia del disco

Nel 95% dei casi l’ernia presenta un decorso favorevole con risoluzione della sintomatologia

Il dato riportato nel titolo di questo capitolo non è casuale: il risultato di uno studio di Masui et al, ha valutato la storia naturale dell’ernia per un minimo di sette anni, e quindi a lungo termine, valutando come la sintomatologia non dipenda dalla dimensione dell’ernia o dal grado di degenerazione discale [15].

Gli studi confermano che tanto più grande è l’ernia del disco e tanto più la prognosi, ovvero il decorso, è favorevole [16].

Questo perché un’ernia migrata o espulsa, anche di grandi dimensioni, va incontro a fenomeni di disidratazione mentre piccole ernie intraforaminali tendono a comprimere e ad irritare la radice. Sono molti gli studi che vanno in questo senso e che mostrano come nella stragrande maggioranza dei casi vi sia una regressione spontanea del fenomeno misurabile attraverso risonanza magnetica [17-18-19].

Dalla chirurgia al trattamento conservativo

Alla luce di quanto detto, la chirurgia è un’indicazione estremamente riservata a pochi casi dato anche l’errore storico di vedere nell’ernia del disco una patologia chirurgica [20].

In assenza di deficit sensomotori, un percorso di analgesia non operatorio si rende necessario e consigliato. Educare a fare movimenti corretti ed assumere una vita attiva dovrebbe essere la condizione da provare per diversi mesi, prima di prendere in considerazione l’ipotesi di un intervento chirurgico.

Se l’ernia del disco e le sue conseguenze neurologiche arrivano al punto di compromettere le attività della vita quotidiana, l’intervento chirurgico potrebbe essere necessario per decomprimere e stabilizzare il segmento vertebrale colpito, considerando che i risultati chirurgici per il dolore sciatico che hanno fallito l’approccio conservativo sono favorevoli [1].

Tuttavia, anche per il paziente che subisce l’intervento chirurgico diviene fondamentale riprendere una vita attiva quanto prima evitando il decondizionamento psico–fisico.

Praticare esercizi specifici di stabilizzazione lombare in seguito ad un intervento di microdiscectomia aiuta a ridurre il dolore lombare e rinforza la muscolatura addominale e della schiena [21].

Bibliografia

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About Luca Barni

Sono Fisioterapista, osteopata e laureato in scienze motorie. Svolgo la mia professione a Montecatini Terme (Pistoia), affiancando al lavoro pratico, l’insegnamento e la ricerca scientifica. Scrivimi lucabarnistudio@gmail.com